Carletti invita le radio a trasmettere Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)

Beppe Carletti

Beppe Carletti, leader e fondatore dei Nomadi, ha invitato tutte le radio a suonare Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) di Francesco Guccini alle ore 12:15 del 27 gennaio 2010 in occasione della celebrazione alla Camera dei deputati della Giornata della Memoria.

Carletti, in particolare, ha spiegato che Guccini scrive e canta la storia terribile ed emblematica di un anonimo bambino morto e bruciato nel famigerato campo di sterminio nazista, una storia che si pone come un simbolo delle altre sei milioni di vittime dell’orrore hitleriano.


Ma quello che a Carletti preme sottolineare è il fatto che la canzone non si limita alla condanna del nazismo ma allarga la sua condanna a ogni guerra, del resto che Carletti sia un estimatore di questa canzone è cosa ben nota visto che i Nomadi sono stati i più celebri interpreti della canzone di Francesco Guccini, tanto che ancora oggi costituisce uno dei pezzi imprescindibili nei loro concerti.


Siamo sicuri che l’appello di Carletti verrà accolto dalla maggior parte delle emittenti radiofoniche, del resto quello dell’olocausto è un tema molto delicato verso il quale tutti mostrano una certa sensilbilità.

Di seguito vi proponiamo il video della canzone di Guccini cantata dai Nomadi, in questo modo tutti coloro che non hanno mai ascoltato il brano possono avere un’idea del suo significato, subito dopo il brano c’è il testo, per poter prestare ancora più attenzione alle parole utilizzate dal cantautore.

Testo
Son morto con altri cento,
son morto ch’ero bambino:
passato per il camino,
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve:
il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone,
ma un solo grande silenzio;
è strano: non riesco ancora
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può l’uomo
uccidere un suo fratello,
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ancora tuona il cannone,
ancora non è contento
di sangue la belva umana,
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare,
e il vento si poserà

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